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Pensieri Sudati

E’ luglio. Fa caldo. Caldo padano. Umido e appiccicoso. Anche appena dopo una doccia fredda. L’aria è consistente. Si può quasi toccare. Vi fate strada con fatica. Camminando. Perfino i pensieri scorrono al rallentatore. Sono più densi. Sudati. Passate di fronte alla vetrina. Vedete quel [nome di oggetto] di fronte al quale [la vostra metà, un vostro amico, un vostro parente, un semplice conoscente] si scioglie ogni volta. Non perché fa caldo. Entrate. Lo prendete. E’ anche un po’ pesante. Non importa. Anche la vostra anima traspira ansimante. Non importa. Il tempo passa veloce. E’ dicembre. L’aria è cristallina. Il termometro è vicino allo zero. Eppure la gente è trafelata. Quasi sudata. Trottola impazzita intorno a voi. State camminando. Piano. Un refolo artico. Sollevate il bavero del cappotto. Un gesto studiato. Lento. Ve lo potete permettere.

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rexer bifronte? o si insinua di peggio?

Avevo scritto un lungo, ficcante e piccato messaggio su “quelli che” ma poi ho pensato che forse è più utile questo.

Esperimenti scientifici nell’ambito della mia famiglia hanno portato alla conclusione che, durante un raffreddore, il materiale migliore da utilizzare per le periodiche, quando non continue, estrusioni di muco sia la carta igienica. Meglio se immediatamente seguita da applicazioni abbondanti di qualche prodotto idratante.

Se non ho difficoltà a fare mio lo stratagemma in ambito familiare e, soprattutto, casalingo, questa tecnica temo mi metterebbe in difficoltà in società.

E non tanto per le implicazioni di immagine nel trasportare il notoriamente voluminoso rotolo in tasca, quanto per quelle, decisamente più insinuanti, dell’essere visti pulirsi la faccia con della carta originarimente destinata a ben altri usi.

Chiamatemi all’antica, ma mi tengo l’arrossamento e pure qualche screpolazione.

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Va d*ve ti p*rta il cu*re reloaded, ovvero “Trovare il lavoro dei propri sogni” è l’anelito corretto?

Marty Nemko(1) è un consulente di carriera molto terra terra sulle questioni ricerca/ritrovamento posto di lavoro. E’ tarato sul mercato statunitense ma, suvvìa, ci siamo mai fermati di fronte a questo?

In particolare in questo articolo, dal titolo piuttosto esplicito “Do
What You Love — And Starve?” (=trova il lavoro dei tuoi sogni — e muori di fame?)
tratta della vecchia questione del seguire i propri sogni.

Al solito riporto i punti in sintesi, rimando al link per l’approfondimento:

  • se sei una star, brillante, talentuoso e con una passione vai a testa bassa per la tua strada. Questo articolo è per tutti gli altri;
  • le frasi “segui la tua passione” e “fai quello che ti piace e i soldi seguiranno” porteranno la maggior parte a patire la fame;
  • il problema è che troppe persone aspirano a troppo poche carriere;
  • quindi la concorrenza tende ad essere spietata e spesso i salari bassi;
  • e non è detto che le carriere “da sogno” portino a condurre una vita “da sogno” (lui cita gli attori ma io penso al fatto che la carriera di assistente di volo pare essere estremamente ambita in ambito adolescenziale. Chiunque sia mai andato in aereo probabilmente ne ha una idea diversa);
  • i prezzi vengono determinati dall’incontro tra domanda e offerta e quindi, quando l’offerta è eccessiva, le conseguenze sono ovvie in termini di retribuzione;
  • meglio muoversi su un campo meno ambito in cui diventare degli specialisti;
  • cerca di replicare da un’altra parte una attività semplice e di successo.

Perché tutto questo mi riporta la mente, e non è un lamento, al messaggio su Scoble e i consigli per un blog di successo, ormai sceso in seconda pagina?

In ogni caso non ho una risposta sicura alla domanda del titolo.

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(1) noto incidentalmente che, per la serie anche i ricchi piangono, il ragazzo è in preda a palpitazioni da diminuzione di accessi.

Riporto parte della lettera aperta in prima pagina, ché magari fra un po’ cambia: “This site gets 360,000 visitors a year–and I do no publicity. Everything on this site is free. It’s simply my way of giving back. Enjoy.

I’ve just redesigned the site and, alas, traffic is down since then. I’m wondering if I’ve somehow made the site worse. Feel free to offer any feedback. Send it to me at(…)” etc. etc

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Come aumentare gli accessi al blog (o in realtà si parla d’altro?)

Prima cosa imparare l’Inglese e poi leggere questo articolo di Robert Scoble magari dando un’occhiata alla presentazione collegata e alla nota successiva del giornalista che aveva chiesto aiuto.

Sull’inglese, al di là dell’ovvia possibilità di leggere quell’articolo, subentra una mera questione matematica. Quante persone in rete parlano Italiano e quante Inglese? Raggiungere il unopermille di 60.000.000 vuol dire 60.000 accessi. Di 6.000.000.000 vuol dire 6.000.000.

Immaginate con l’ottopermille, non stupisce che la gente ci si accapigli.

Ma ecco i punti dell’articolo, diretto appunto al giornalista che chiedeva consigli in merito (in grassetto i punti originali tradotti, la descrizione è un commento mio, così non facciamo una mera operazione di metablogging):

  1. renditi conto di come il traffico ti trova: e qua entriamo in una questione tecnica, anche se dopo un po’ che guardi le statistiche vedi le chiavi di ricerca, alcune invero piuttosto bizzarre, utilizzate. E poi c’è la questione dei meta data da studiare bene (buttata là per nascondere che non ne so molto).
  2. scegli una nicchia e “possiedila”: e questo è innegabile. Mi riporta la mente al libro di Umberto Eco “Come si fa una tesi di laurea”come si fa una tesi di laurea
    (testo che dovrebbe essere reso obbligatorio per le scuole di ogni ordine e grado, e alcuni passaggi tatuati sul polso di chiunque) in cui veniva suggerito di lasciar perdere l’idea di scegliere come argomento “La Storia Della Letteratura Italiana” e diventare invece il massimo esperto mondiale di qualcosa come “L’andamento delle vendite di quotidiani dell’edicola all’angolo tra via Palestro e Piazza della Libertà dall’ agosto 2003 al febbraio 2004” (titolo inventato ndr). Ovviamente dovreste essere interessati all’argomento (ma per questo si rinvia al punto 12)
  3. scegli un titolo specifico per il blog: e vabbé questa non la commento
  4. dimostra autorità: e ci si rifà a quanto detto al punto 2, dovreste essere appassionati, ed esperti, di quello che scrivete.
  5. usa altri media: già una foto o un disegno fanno sembrare il blog più attraente, in effetti.
  6. linka (argh! come si traduce?) altri blogger che ti piacciono (o che odi)
  7. usa elenchi puntati o numerati. copia Guy Kawasaki: sembra sia una specie di Guru
  8. organizza un concorso: tutto traffico che cola
  9. chiedi l’aiuto di altri blogger: il passaparola e le conoscenze, devo aggiungere altro?
  10. scrivi titoli migliori: anche questo piuttosto ovvio, ma non scontato.
  11. crea un po’ di zizzania: perché se in un messaggio affermo che il tal politico ha detto una baggianata (post non difficile da organizzare di questi tempi) mi arriveranno commenti da chi mi esalta e da chi mi insulta e, di nuovo, le statistiche si impennano. (Questo punto è proprio contronatura per me)
  12. dai un’occhiata alla presentazione : che ho citato prima e che merita.
  13. fai in modo che Shelley Powers ti linki (ri-argh!): ha più accessi lei che pulci un cane

Leggendolo mi ha colpito l’assenza di punti sulla sostanza dei contenuti. In realtà la qualità è citata nella presentazione di cui al punto 12 (ehi, questa cosa degli elenchi numerati non è del tutto spiacevole).

Tutto questo, perché? L’ennesimo post sui blog e su come funzionano? L’ennesimo disperato tentativo di drenare traffico verso un blog ansimante?

Si può andare oltre, secondo me, e rileggendo i punti si può vedere come i suggerimenti aiutino, con gli adeguati aggiustamenti, anche nella vita di tutti i giorni, e probabilmente pure in second life (dove non sono mai entrato per paura di restare coinvolto, e perché mi sentirei, probabilmente, un po’ fesso. Però c’è gente che a quanto pare ci sta facendo soldi veri, o comunque divertendo. Io ho già problemi a maneggiare una vita vera a tempo pieno).

Poi lamentiamoci pure se le cose vanno male, ma ci sia la consapevolezza che i mezzi per provarci sono a disposizione.

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